L’Unione Europea sostiene le piccole medie imprese. Ciò è vero sulla carta, con l’introduzione di strumenti finalizzati al finanziamento delle aziende, ma anche nella sostanza. E’ quanto emerge dai risultati del programma Horizon 2020, il cui bando è scaduto il 17 settembre.
Il numero delle richieste dimostra come le imprese europee credano nella bontà dello strumento. Sugli scudi, l’Italia. Segnale, questo, che suggerisce una certa vitalità dell’imprenditoria italiana, piegata ma non spezzata dalle difficoltà imposte dal sistema creditizio (il Bel Paese, come il resto del Continente, è uscito di recente dal credit crunch).
La notizia è la seguente: l’Italia è il paese che ha fatto segnare il numero più alto di richieste di finanziamento tramite il programma Horizon 2020. I dati sono stati pubblicati proprio da questo istituto e non lasciano adito a fraintendimenti. Hanno avanzato regolare richiesta di finanziamento 449 piccole e medie imprese italiane, contro le 292 spagnole e le 203 inglesi.
Come funziona Horizon 2020? L’iter per poter accedere alla liquidità non è né facile né breve. E’ infatti articolato in tre fasi. La prima consiste in uno studio di fattibilità. Le imprese ricevano 50.000 euro a titolo forfettario, nel frattempo una commissione valuta le opportunità del soggetto e il potenziale di mercato. Se questa prova viene superata, si accede alla seconda fase, nota con il nome di “Innovazione”.
Questa è caratterizzata dalla concessione di contributi che possono raggiungere i 2,5 milioni di euro (5 milioni, per le aziende del settore sanitario). Questa liquidità dovrà essere utilizzata in progetti di ricerca e sviluppo. Infine, la terza fase si contraddistingue per un sostegno a 360 gradi e che va oltre la semplice cessione di liquidità. Nello specifico, le aziende verranno agevolate per ciò che concerne l’ingresso sul mercato tramite misure di networking, formazione, coaching e mentoring. Viene agevolato anche l’accesso al capitale privato.
Il programma Horizon 2020 si sta rivelando un successo e si contrappone a un altro programma di sostegno alle imprese targato Ue: il piano Juncker. La differenza principale consiste nell’approccio. Il primo tenta di fare rete, di basare la cessione di finanziamenti sulla bontà dei progetti non solo dal punto di vista meramente economico, ma anche dell’integrazione. Il secondo, invece, appare più come un artificio tecnico basato su moltiplicati dalla tenuta incerta. Non si parla di networking, di formazione, ma solo di business in senso stretto.
Qualche mese fa si è accesa una diatriba tra Piano Juncker e programma Horizon 2020, dal momento che per un periodo è risultato evidente che non ci fossero adeguate risorse per sostenere entrambi gli strumenti in modo compiuto. Il rischio era di penalizzare l’Horizon 2020. Rischio, almeno per ora, scongiurato.